sabato 5 febbraio 2011

Lettera da un luogo che non so


Le porte vedendomi dovrebbero aprirsi.

Ma c'è un cartello sopra, dice che non funzionano e bisogna farlo a mano.

Entro, il barista ci scherza subito.

"Sono il modello nuovo.." strizza l'occhio.

Gli chiedo un cappuccio, scelgo un bombolone, penso basti.
Altri due si calmano la fame chimica con un hamurger.
La radio dentro è alta, spara discoteca commerciale, uno dei due ragazzi zompetta a ritmo.

Mi mette il cappuccio davanti e guarda fuori:
- Ce la fai ad andare in giro col motorino? Come fai, mortacci, col freddo che fa! -

Come faccio - mi tengo tra me - ..ci salto sopra.

A lui gli sorrido. - anche qui dentro non si scherza. -
Butta il pollice alle spalle. C'è il fiume.
Si, me lo dovevo aspettare.

Escono i primi ragazzi, ne entrano altri due.
Poi un'altra ragazza.
Non vede il cartello, le apro io.
Il barista, ancora, sono del modello nuovo. La ragazza ride, balla anche lei. "aò ma nùn finisce più!"
Ce l'ha con la musica.
Il barista le strizza l'occhio "Me sa che te la porti fino a casa" poi si gira verso di me.
"Ancora tre ore così, poi stacco. Te no, vé? Te attacchi mò."
Mi prende alla sprovvista. Per un attimo sto zitto.
Lui ammicca anche a me. "Zì, da mezzanotte alle otto qui ce passa de tutto, ormai ve conosco!"
Eppure, lui non mi sembra uno che vorrebbe fare un altro lavoro.
Pago, saluto, mi chiudo fuori.
Il lungotevere è a sei corsie, completamente immobile.
Non devo pensare, devo saltarci sopra.

Li vedo passare nel freddo che morde. Quattro uomini, in tuta. Corrono e chiacchierano felici, ritmica perfetta.
Dall'altra parte della strada, lontanissimi.





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