sabato 8 gennaio 2011

Uno sguardo umano


Andreij Rubilov è un pittore, il più famoso della sua terra.

La sua terra è la Russia di un Medio Evo buio e violento, da cui sembra non si possa fuggire.

Il granduca di mosca vuole una grande opera, da Rubilov.
Una Pietà per la sua chiesa. Che gli abitanti di quella terra, guardandola, ritrovino il loro Dio, e la grandezza del duca.

Per quattordici anni Rubilov non risponde alla richiesta. Viaggia in silenzio, cerca.

Nel paese dove arriva il duca sta costruendo un'altra chiesa, questa chiesa ha bisogno di una campana.
Il duca manda i suoi uomini a chiamare il fonditore, gli uomini del duca trovano una famiglia sterminata dalla peste.
Si è salvato solo un ragazzo.





E' il ragazzo, per primo, a chiamare.
In quel momento, ha trovato quello che cerca.

L'ho trovata! Andreijka! L'argilla!

Piove.

La seconda volta, per un attimo, lo sguardo del ragazzo e quello del pittore si incontrano.

Cos'hai da guardare tu... Ti faccio pietà, vero?

Il ragazzo ha paura.

Non ce la faccio. Non ce la faccio.




Boris, il ragazzo, si riposa.
E' solo un attimo, non è la fine delle preoccupazioni. La campana deve essere issata, deve suonare. Se non suonerà, quella sarà la fine.



La campana chiama tutti a sè.
Il ragazzo è salvo. Tutta la compagnia è salva. Il duca avrà la sua chiesa consacrata ed il suono della campana ricorderà agli abitanti del villaggio che Dio è con loro.

Questa non è la fine del racconto.
La fine del film, e del racconto, parla di un'altra cosa.

Parla di quella pietà che il pittore cercava, di come la trova, di quello a cui serve.

Non la metto. Spero riusciate a trovare il film intero, a commuovervi come è successo a me.



Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più.
E d'un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno - uno sguardo umano - ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto.
E tutto diventa improvvisamente più semplice.
-- Andrej Tarkovskij

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